Abruzzo: il sisma e noi…
Abruzzo: il sisma e noi…
6 aprile: il terremoto… Dalla mattina le notizie si accavallavano l’una sull’altra in una corsa spasmodica a rimarcare che nell’aria c’era una grande tragedia. Le ore a venire si sono tramutate, per noi Volontari della Protezione Civile, in giorni di preparativi e d’attesa per la chiamata liberatoria che ci ha fatto entrare direttamente nell’inferno dell’emergenza, nella tragedia di quelle case crollate sotto chissà quale disegno. Era la mattina del 10 aprile quando il “serpentone” composto da oltre quaranta automezzi della Colonna Mobile della Provincia di Milano, lascia l’autostrada al casello di L’Aquila Est.
La nostra destinazione finale è Monticchio: il nostro compito? Dare vita al “Campo Lombardia II” in quello che una volta era il campo sportivo del paese.
Onna, il paese che non esiste più, è distante solo pochi metri. Tra i più “anziani” della spedizione, quelli che hanno partecipato ad altre importanti missioni, c’è la convinzione di essere preparati al peggio, ma appena arrivati, la visione della realtà colpisce tutti come un pugno nello stomaco.
La gente incontrata aveva lo sguardo perso nel vuoto ed anche la parola non usciva spontanea dalle loro bocche ancora chiuse dalla paura.
Il gran lavoro ci prendeva tutto il tempo, il riposo e le relazioni con la gente erano praticamente nulle, bisognava lavorare, lavorare giorno e notte per ridare conforto a chi aveva perso ogni cosa.
Tutto era fermo in un paesaggio surreale che vedeva solo l’alacre lavoro di noi Volontari in una corsa frenetica contro il tempo, contro la pioggia e contro il freddo.
Dare conforto, portare sorrisi era la nostra missione, accompagnata dai boati che dalle montagne spegnevano l’entusiasmo ed incutevano paura.
La Pasqua, mancata con le nostre famiglie, l’abbiamo trovata con gente rassegnata a vivere in tenda, a dividere bagni comuni e pranzi improvvisati in campi di calcio che avevano visto tempi migliori.
Poi i primi racconti, le paure vissute, valanghe di tragedie che sgorgavano dalle gole ancora chiuse di madri senza più figli, di padri senza più lavoro, di dignità perse.
Poi i rientri nelle nostre case, dalle nostre famiglie con un unico pensiero: tornare!
Si, tornare per altre e altre volte ancora per ritrovare nelle tende affollate, il calore dello sforzo comune di essere lì per aiutare.
2 ottobre… Eccoci ancora una volta sotto il Gran Sasso.
Proprio come quel 10 aprile mentre percorrevamo la galleria e sapevamo poco di quello che ci aspettava.
Oggi no, oggi l’ordine è cristallino: smontare il Campo Monticchio.
Noi che l’emergenza terremoto l’abbiamo toccata e vissuta e non senza sacrifici, consapevoli di lasciare famiglie ed amici, magari in periodi speciali, come Pasqua e ferragosto, portiamo ancora nel cuore questa immensa tragedia ma anche una grande speranza. La galleria finalmente è sorpassata e gli occhi si meravigliano sempre alla vista del verde paesaggio abruzzese… Avvicinandoci ai centri abitati, ci accorgiamo subito che tutto il blu caratteristico delle tendopoli si è ridotto incredibilmente.
“Ma le case ci sono? E come sono? Belle?” Sono queste le domande più ricorrenti che ci sono state fatte; le casette e le nuove palazzine abitate, noi le abbiamo viste proprio dove ad aprile c’era solo montagna e ad agosto c’erano gru ed operai: un grande e delizioso quartiere è stato edificato.
Forse l’immagine più nitida che non si può dimenticare è sicuramente Onna.
L’abbiamo vista devastata e ripiegata sotto le sue stesse case.
Irreale ed immobile, colorata solo dalle divise dei Soccorritori e dalle tende blu montate al suo ingresso, oggi la tendopoli è stata smontata e si può trovare un grazioso quartiere tutto fatto di casette basse dai toni tenui, recintate da piccoli alberelli in aiuole ancora senza erba. Non è certo tutto perfetto, ma non può esserlo: la città con le sue macerie è ancora là e si vede da ogni finestra; non si può scordare, si può solo ricominciare!
Il giorno della chiusura del campo che era nato con noi è stato il peggiore, quello dell’ennesimo pianto, il più duro. Alcuni preferiscono rifugiarsi a bordo degli automezzi per compiere operazioni assolutamente inutili pur di non farsi cogliere con gli occhi lucidi…
Le fotografie che abbiamo, le portiamo nel cuore; a nessuno le mostriamo per orgoglio o per vanto, ma solo per non dimenticare quella gente meravigliosa: la gente d’Abruzzo.